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SheTurban

i turbanti sono momentaneamente esauriti

Abstract del progetto

Sarai Onlus , in linea con i suoi principi fondamentali, ha inteso analizzare con umana lucidità le criticità di fronte alle quali la Società si trova a seguito del persistente fenomeno della migrazione.  Nel rispetto e nel riconoscimento della dignità che tutte le donne e gli uomini, provenienti dai diversi Paesi del mondo, devono conservare e pertanto in contrasto con il disconoscimento dei diritti umani che talvolta sono costretti a subire – Sarai si è proposta di intavolare un dialogo di scambio basato sulla formazione professionale che dia spazio alla creazione di nuove forme di cooperazione come esempio di incontro tra culture. Una forma di “globalizzazione umana” che dia ampio respiro ai valori evidenziando gli aspetti cardine di tutte le culture, per vivere insieme in un mondo occupato da valori diversi.

L’Associazione Sarai Onlus di Roma in collaborazione con la Cooperativa Sociale Karibu presenta il progetto “She Turban”, un nuovo e interessante esperimento che si propone di affrontare il tema dell’integrazione e dello sviluppo.

Le ospiti africane dello SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) di Latina hanno liberamente partecipato al laboratorio sartoriale coordinato da Stefania Di Ruocco e supervisionato dai sarti avanzati Musa e Lucky, provenienti da Gambia e Nigeria, per realizzare un indumento simbolo della donna africana: il turbante che, con le sue forme e i suoi colori,  suggerisce contenuti culturali legati alla sfera religiosa e sociale.

Il progetto “She Turban” vuole però aggiungere al turbante dell’altro, dedicandolo alle donne che in questo momento stanno attraversando la delicata fase della chemioterapia. Uno scambio tra donne che attraversano un momento di fragilità fisica e psicologica e reagiscono grazie alla bellezza, alla fierezza di creare, scegliere, indossare un turbante.

Una catena di solidarietà, le cui perle sono donne: le immigrate e le donne che combattono contro la malattia, entrambe colme di speranza.

Il turbante

  • Il turbante è comunque rivolto a TUTTE le donne che vorranno indossarlo.
  • I tessuti utilizzati sono originali africani, accostati a sete colorate e velluti intrecciati per la versione serale, tutti testati ed adatti a essere indossati su pelli delicate e sensibili.
  • Ogni donna potrà decidere se applicare attorno al turbante piccole ciocche di capelli naturali, lavabili e anallergici scegliendone colore, foggia e lunghezza.
  • È cosi che alla tecnica originaria del doecking (fare i turbanti annodando il tessuto) si è unita la tecnica sartoriale occidentale che “ferma” con ago e filo il turbante, rendendolo capo indossabile in qualsiasi momento ma pur sempre unico.
  • Le ragazze del laboratorio hanno appreso un Know How sartoriale che potrebbe dar loro l’opportunità di entrare nel sistema produttivo e di avviare un progetto di impresa.

Come nasce l’idea

L’Associazione Sarai Onlus in collaborazione con la Cooperativa Sociale Karibu, ha realizzato un progetto che vede come protagoniste le donne africane rifugiate e richiedenti asilo, ospiti dello S.p.r.a.r. di Sezze (Latina).

Per i profughi che giungono nel nostro Paese l’esito del provvedimento che riconosce loro una forma di protezione è spesso subordinato ad una lunga attesa che li priva di un senso operativo e li rende “ospiti” impotenti dei centri di accoglienza. La nostra Associazione si propone di mettere i richiedenti asilo nella condizione di affermare se stessi e le proprie capacità, sviluppando attitudini personali legate alla propria cultura di appartenenza. L’incontro con le donne africane di Karibu, avvenuto all’interno del laboratorio di sartoria, ci ha fornito lo spunto per suggerire loro la creazione e realizzazione di un indumento emblema della loro cultura manifatturiera che possa essere di supporto ad altre donne. Nasce così l’idea del progetto “She Turban” pensato in particolare per le donne in trattamento per una patologia oncologica ma dedicato a tutte le donne che vorranno indossarlo.

Idea accolta con entusiasmo dalle ragazze di Karibu.

Nella cultura africana il turbante è simbolo di bellezza, fierezza concetti che le donne africane intendono regalare alle donne in cura chemioterapica/radioterapica le quali inevitabilmente vedono mutare il proprio aspetto a cominciare dalla perdita dei capelli.
Un umanesimo della fragilità che vede coinvolte donne di ogni razza, età, ceto sociale; una collana della solidarietà le cui perle sono Donne: a loro – immigrate, donne che combattono contro la malattia entrambe colme di speranza – è dedicato “She Turban”.

A chi è rivolto

Il progetto è rivolto a tutte le donne che intendono abbracciare l’autoimprenditorialità, il lavoro, la creatività; l’integrazione e la cooperazione sociale. A partire da un’idea dell’Associazione Sarai, le ragazze di Karibu, sotto la guida della coordinatrice Marie Therese Mukamitsindo, sono state ben liete di farsi incontro alle donne sottoposte a cure chemioterapiche/radioterapiche che come loro affrontano un momento difficile della vita.

Come si svolge

Prima fase

La prima fase del progetto si basa sull’analisi e la ricerca dei materiali: stoffe pregiate e capelli naturali per i quali ci siamo rivolti a fornitori e rivenditori specializzati. I turbanti rispettano lo stile africano con una attenzione alla moda occidentale. La contaminazione dei due stili è la testimonianza della desiderata integrazione delle ragazze di Karibu.

Seconda fase

All’interno del laboratorio di Karibu le ragazze, sotto la direzione di tre sarti professionisti richiedenti protezione internazionale (ricompensati dalla Cooperativa Karibu tramite borse di lavoro) e con la supervisione della responsabile Stefania Di Ruocco, si sono impegnate a frequentare un corso di cucito con lo scopo di perfezionare le tecniche dell’arte sartoriale.

Maestre nella realizzazione di questo tipo di copricapo hanno studiato e cucito i singolari turbanti lasciandosi suggestionare dal design occidentale. Per la loro realizzazione sono stati utilizzati esclusivamente tessuti africani originali e sete e velluti intrecciati per la versione serale, tutti rigorosamente testati ed adatti a essere indossati su pelli delicate e sensibili. Ogni donna potrà decidere se applicare attorno al turbante piccole ciocche di capelli naturali, lavabili e anallergici scegliendone colore, foggia e lunghezza.
Il copricapo è un pezzo unico ed è rigorosamente cucito a mano.

Terza fase

La raccolta fondi – un investimento di risorse per il raggiungimento di comuni benefici sociali – avverrà grazie alle contribuzioni di quanti vorranno partecipare alla buona causa con erogazioni liberali e/o attraverso l’acquisto dei turbanti.
Verranno attivati canali idonei alla diffusione e circolazione del progetto per renderne chiari gli intenti di solidarietà, sviluppo e miglioramento della qualità della vita: scopo sociale dell’ Afro fashion week; organizzazione di eventi socio-culturali; conferenze stampa; fundraising online; testimonial di spicco ed ambasciatori di eccellenza.

I turbanti saranno acquistabili in alcune delle migliori boutique delle principali città italiane, nel corso di eventi e manifestazioni ed on line.

Obiettivi

Migliorare ed ampliare il laboratorio di sartoria di Karibu dotandolo di macchine moderne, materiali specialistici, arredi professionali.

Avviare le ragazze dello S.p.r.a.r. a corsi di formazione/avanzamento professionale con lo scopo di far apprendere loro un mestiere da proseguire anche fuori dal centro di accoglienza. Attivare corsi di autoimprenditorialità e di accesso al microcredito.
L’ideazione di un marchio “Le ragazze di Karibu” con l’obiettivo di creare uno stile proprio ed inconfondibile che si distingua sul mercato grazie all’abilità e all’impegno responsabile delle ragazze.

Il miglioramento della percezione di sé, della propria femminilità, delle donne malate oncologiche che potranno indossare i turbanti pensati per loro dalle ragazze di Karibu amorevolmente confezionati.

In particolare gli introiti verranno così destinati:

  1. Il 70% verrà reinvestito a Sezze, messo a disposizione della cooperativa Karibù, per implementare la sartoria dove le ragazze che già possono lavorare produrranno e venderanno oggetti di loro creazione mentre le ragazze in attesa del permesso avranno la possibilità di imparare sotto la guida delle colleghe già avviate e con maggiore esperienza.
  2. Il 10% verrà devoluto all’ Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.
  3. Il 20% andrà alla nostra Onlus per sovvenzionare progetti analoghi. In particolare Sarai si prefigge di attivare progetti simili con interlocutori di volta in volta diversi nei diversi centri di accoglienza diffusi sul territorio.

Reportage

Tutte le fasi della lavorazione dei turbati e della loro realizzazione sarà videoripresa e fotografata da un professionista del settore: il foto reporter Giorgio Cosulich de Pecine, il quale ci ha offerto la sua preziosa esperienza per testimoniare la dedizione delle ragazze ed i momenti più significativi del lavoro svolto. Del reportage verrà fatta una mostra in tutti i luoghi che vorranno accoglierla.